La Sicilia che vogliamo, di Paolo Luparello, del 22.08.2014, venerdì

22 Agosto 2014 in Post ad hoc, Prima Pagina

 

Care amiche, cari amici,
perchè dedicare le proprie energie alla realizzazione di un progetto politico?Paolo a Marina di Cottone

Bella domanda.

Proviamo a trattare questa domanda come un bilancio, da un lato le uscite e dall’altro le entrate.

Sul fronte delle uscite il tempo, ma non solo.
Il tempo è l’unica risorsa che ogni persona può mettere a disposizione del progetto. Tempo dedicato al confronto, alla ricerca, alla analisi, alla elaborazione di proposte per affrontare i tanti temi che un progetto politico impone. Tutte attività che si rivolgono ad altre persone che devono avere la bontà di accettare il confronto e di avviare un dialogo. Confronto e dialogo che nella società odierna non possono essere soltanto quelli svolti frontalmente, di persona, ma che necessariamente devono utilizzare gli oramai diffusissimi social network. E lì il confronto e il dialogo non sono quelli tradizionali ma sottostanno alle regole del web … regole secondo le quali è la pancia che parla e i commenti possono essere pesantissimi … più pesanti di pietre scagliate in una lapidazione.
Non solo quindi dedichi del tempo a un progetto, non solo sai che potrebbe trattarsi di un mero esercizio “sociale”, ma rischi anche di trovarti lapidato nei tuoi sentimenti e nelle tue emozioni più cari.
Portare avanti un progetto politico potrebbe cambiarti perchè potresti scoprire la dura realtà dell’ipocrisia e della falsa ipocrisia o semplicemente di chi la pensa diversamente e ritiene la politica niente di diverso di una giostra medievale dalla quale solo un cavaliere può uscire vittorioso … e vivo.
Se ci credi veramente, quindi, portare avanti un progetto politico significa mettere in gioco te stesso e la tua coscienza di sé … non rischi soltanto di aver dedicato del tempo che avresti potuto utilizzare diversamente, rischi di trasformarti in una persona diversa e probabilmente non in meglio.
Sul fronte delle entrate ci sono da mettere le relazioni che attiverai con le persone alle quali ti rivolgi e i risultati dei progetti che riuscirai a vedere realizzati. Non è poco.
Se ti porgerai non come colui che promette di risolvere tutti i mali della Terra ma come colui che è disposto all’ascolto e che proverà a farsi carico dei problemi della comunità il confronto sarà sicuramente proficuo sia per chi ascolta sia per chi espone i propri problemi, le proprie idee e i propri sogni. Ma anche chi ascolta ha dei sogni, ha delle idee e ha dei problemi e attraverso il confronto e il dialogo ci si potrebbe scoprire meno soli e si potrebbe scoprire che qualcosa si può fare.

Cosa si può fare?

Si può fare tanto e si può fare ancora di più oggi, in piena crisi, che non in periodi precedenti in cui le risorse sembravano illimitate.
Dobbiamo fare, anzi, fare di più con meno.
Questo non è soltanto uno dei principi di una nuova economia “frugale” ma un imperativo dettato sia dalla situazione economica mondiale destinata a stagnare ancora per diversi anni sia dalla capacità del nostro pianeta di generare le risorse necessarie per alimentare l’attuale modello di sviluppo economico mondiale (il 19 agosto 2014 abbiamo consumato tutto quello che il pianeta produce in un anno … dal 20 agosto fino al 31 dicembre 2014 andremo “a credito” attraverso un progressivo depauperamento delle risorse del pianeta).

Ma noi siamo siciliani e viviamo in Sicilia. Dobbiamo provare ad affrontare i problemi del nostro “giardino”, che non sono pochi.

Che Sicilia vogliamo?selinunte-tempio

Mi rendo conto che chi si prefigge di sottoporre alla pubblica attenzione un progetto politico dovrebbe fondarlo su basi solide e su granitiche certezze.
Chi invece avrà la bontà di leggere queste poche righe si renderà conto che troverà più domande che risposte … anzi troverà soltanto domande perchè le risposte le si dovrà trovare insieme, così come insieme ci porremo altre domande alle quali dovremo sempre insieme trovare le risposte … sempre che si tratti di domande che abbiano una risposta.

Ma andiamo alle domande.

E’ questa la Sicilia che vogliamo?
Questa che sta sotto i nostri occhi?
Questa di cui leggiamo sui giornali sempre per episodi negativi?
Ma la Sicilia appare allo stesso modo a tutti?
C’è una Sicilia che piace così come è?
E’ forse per questo che non cambia nulla?
Forse perchè sono di più coloro ai quali la Sicilia sta bene così come è?
Sono forse gli innovatori, o presunti tali, gli elementi di disturbo?
La Sicilia è forse una terra di individualità e non interessa ad alcuno fare squadra?
Interessa a qualcuno creare i presupposti affinchè dei cittadini possano intraprendere delle attività imprenditoriali?
Interessa a qualcuno che imprese nazionali e internazionali possano venirsi a insediare in Sicilia?
I Siciliani sono forse miopi?
O forse ci vedono benissimo e sanno come destreggiarsi nel labirinto pirandelliano della società siciliana così come è? Labirinto soltanto per chi non conosce e non conosce chi potrebbe conoscere?
Siamo proprio sicuri che i Siciliani siano degli incapaci?
Incapaci di fare sistema e trasformare la Sicilia in quell’Eldorado che tanti intravediamo?
E’ possibile una Sicilia diversa da quella che molti di noi conoscono?
Ma quanti di noi conoscono la Sicilia nella sua interezza e nelle sue innumerevoli sfaccettature?
La Sicilia di oggi è proprio tutta da rifondare?
Ci sono delle realtà che funzionano e che potrebbero fare scuola per tutta la regione?
Ci mancano forse le intelligenze?
Ci mancano forse le risorse?
Ci manca forse un clima invidiabile?
Ci manca forse il mare?
Ci manca forse il patrimonio culturale, in tutte le sue diverse articolazioni?
Ci mancano forse le infrastrutture stradali, ferroviarie, aeroportuali, portuali coerenti con una economia sostenibile?
Ma un piano per lo sviluppo economico e sociale della Sicilia deve passare necessariamente per l’incremento del famigerato “PIL” (prodotto interno lordo)?
La crisi economica mondiale che sta mettendo a dura prova economie più virtuose di quella siciliana non ci sta insegnando nulla?
La globalizzazione che fino ad alcuni anni fa era la parola magica di politica e imprenditoria non ci sta insegnando nulla?
Pensare a un modello di sviluppo economico diverso nel quale non si guarda al prodotto ma al servizio che si vuole rendere è immaginabile?
Pensare in un’ottica non più di brevissimo periodo (cosa do ai siciliani oggi) ma piuttosto di lunghissimo periodo (cosa offrirò ai siciliani nel 2050) è una mera utopia?
E’ possibile sottrarsi agli insegnamenti che le esperienze negative delle economie di tante regioni e di tanti Paesi ci stanno offrendo?
E’ immaginabile realizzare un modello di economia sostenibile in cui le risorse umane non impiegate nell’ “economia convenzionale” possono essere impiegate nella cura del territorio e nel sociale?
E’ immaginabile un progetto di sviluppo economico basato sulla vendita di una “esperienza Sicilia”?
Un progetto nel quale la Regione mette a disposizione un contesto (un territorio curato, un patrimonio culturale accessibile e fruibile secondo le esigenze dell’utente, un sistema di comunicazioni integrato ed ecocompatibile, … ) nel quale l’imprenditoria privata possa sviluppare le proprie idee di business, potendo contare anche su una “Pubblica Amministrazione che accoglie e che si fa carico”?
Le domande non si fermano qui e se anche fossero soltanto queste non è detto che le risposte che io potrei dare sarebbero quelle giuste o quelle che possono piacere a tutti i siciliani o soltanto a una parte di essi.
Ma il porsi delle domande, condividerle con altri, far nascere altre domande, provare a mettere insieme altre risposte, collocare le domande e le risposte in un unico contenitore e poi provare a realizzare quelle idee e quei progetti non potrebbe essere un modo per cominciare a cambiare qualcosa?
E’ questa la proposta che voglio lanciare insieme a chi si vorrà impegnare in questo progetto.

Nel confronto che vorrei avviare naturalmente dovremo porci tante altre domande a partire da dove trovare le risorse finanziarie necessarie per realizzare i progetti e individuare i punti di forza sui quali poggiare la costruzione della Sicilia che vogliamo.

Con quali risorse si può portare avanti un progetto per una nuova politica per un nuovo modello di società?
Conosciamo il bilancio della Regione e degli altri Enti territoriali?
Conosciamo il bilancio del Servizio Sanitario Regionale?
Sappiamo come vengono spesi esattamente i soldi dei contribuenti?
Si dovrà necessariamente partire da quelle che sono le attuali entrate e non dare per scontata alcuna spesa. Solo attraverso un profondo trinacriaripensamento della spesa pubblica regionale si potrà immaginare qualcosa di nuovo che non sia soltanto il farsi carico di decisioni non sempre felici del passato.

Io una mia idea di “Regione che vorrei” ce l’ho.
Un progetto politico che possa essere in grado di approcciare i temi ai quali si è fatto cenno e ai tanti altri che vi si aggiungeranno (la gestione del ciclo dell’acqua, la gestione del ciclo dei rifiuti, lo sfruttamento delle risorse rinnovabili e non rinnovabili, e altro ancora) non può prescindere da una dimensione almeno regionale, anche se alcune idee e alcuni progetti potrebbero vedere la luce anche in realtà territorialmente più circoscritte (comuni, consorzi di comuni, circoscrizioni).
Un progetto politico quindi su base regionale che deve poter contare da un lato su un Governo fortemente coinvolto nello stesso e su una struttura burocratica che dialoga con il partenariato sociale e in grado di tradurre in azione concreta il progetto politico stesso.
Per far questo serve:
Una Regione che pianifica, che individua obiettivi a lungo termine e che li persegue attraverso azioni concrete di anno in anno
Una organizzazione burocratica tarata sui bisogni della società e della pianificazione e non autoreferenziale
Una sanità al servizio dei cittadini e non solo al servizio degli operatori del settore
La centralizzazione dei servizi alle imprese in un’unica agenzia tarata sul principio dell’accoglienza
La messa a sistema di tutte le risorse della Sicilia per attivare diversi segmenti del turismo nazionale e internazionale
L’abbattimento dei costi di produzione delle imprese (servizi reali alle imprese, fiscalità di vantaggio, integrazione al reddito delle famiglie con reddito familiare inferiore alla soglia di povertà con un fondo costituito con risorse certe del bilancio regionale e con tutte le economie derivanti dalla riduzione del costo della politica e dei costi di funzionamento delle strutture burocratiche, comprese le società partecipate).
Ma sono soltanto alcuni spunti.

Chi vorrà partecipare a questo progetto lo potrà fare nei modi che più riterrà congeniali.
Attraverso la partecipazione al dibattito sui social network, oppure attraverso la partecipazione agli incontri che si organizzeranno nel territorio, oppure attraverso la produzione e la condivisione di documenti di analisi e di proposta.

A cosa è finalizzata l’elaborazione di questo progetto?

L’idea è quella di contribuire allo sviluppo della Sicilia intervenendo nel dibattito politico e invitando chi ha, o avrà, responsabilità di governo, a qualsiasi livello,:
a essere concreto,
a non operare soltanto per l’emergenza,
a lavorare per costruire una Sicilia libera dalla mafia, dalla corruzione, dal parassitismo, nella quale i siciliani possano vivere e progredire senza essere obbligati a dover andare via per necessità.

Il progetto sarà a disposizione di tutti coloro vi potranno trovare ispirazione e non è escluso che il “movimento” che si sarà formato per la sua stesura non possa proporsi, o come movimento o come singoli rappresentanti, a una futura tornata elettorale.

Un grazie a chi avrà la pazienza e la bontà di leggere queste righe e soprattutto a chi avrà il tempo e la voglia di partecipare al progetto.
Paolo Luparello